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Il Samizdat : la comunicazione libera
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Dopo i "Testimoni di piazza Majakovskij" oggi proseguiamo il nostro ciclo di articoli sui cristiani nei Paesi totalitari. Riteniamo, infatti, che questo tema sia di grande attualità e ci possa dare indicazioni per vivere e comprendere la nostra situazione.  
 

Il Samizdat : la comunicazione libera

 
Uno dei fenomeni più rilevanti che si verificarono nelle società totalitarie del XX secolo fu quello della nascita di una comunicazione libera, al riparo dall'ingerenza del potere.  
 
In tali società, ogni momento comunicativo (nella scuola, nei mass-media, nella politica e nella società) era improntato a falsità e propaganda. Sorse così, in un numero inizialmente piccolo di persone ma poi sempre più vasto, un'esigenza di verità che trovò un mezzo espressivo in scritti che circolavano clandestinamente sfidando la repressione.  
 
In Unione Sovietica questa comunicazione, nella forma scritta, ha assunto il nome di Samizdat (самиздат ovvero "pubblicato in proprio"). La prima forma di Samizdat consisteva nella riproduzione di materale letterario, soprattutto poesie, capace di restituire l'autentico sapore delle proprie radici culturali.  
 
Persone comuni copiavano in molteplici copie, con l'ausilio di una macchina da scrivere e della carta carbone, i testi di cui venivano in possesso e le diffondevano fra i propri conoscenti.  
 
Persone affamate di un'immagine veritiera del mondo e di una conoscenza non falsificata erano pronte a sacrificare il proprio tempo, il proprio lavoro e persino a sopportare la persecuzione.  
 
Alla fine degli anni '50 e all'inizio degli anni '60, saggi, racconti e articoli circolavano in Samizdat per far conoscere le opere dei letterati e poeti più noti alla vecchia generazione: Anna Andreevna Achmatova (1889 – 1966), Osip Ėmil'evič Mandel'štam (1891 – 1938) , Maksimilian Aleksandrovič Vološin (1877 – 1932), Nikolaj Stepanovič Gumilëv (1886 – 1921), Marina Ivanovna Cvetaeva (1892 – 1941) e molti altri.  
 
In seguito iniziarono a diffondersi anche le opere dei poeti contemporanei, come Evgenij Aleksandrovič Evtušenko (1932 – 2017), già molto noti, ed altri che si affacciavano alla ribalta della cultura russa non ufficiale, come Iosif Aleksandrovič Brodskij (1940 – 1996) e altri di cui abbiamo parlato nel nostro precedente articolo.  
 
Secondo la stima di Yuri Maltsev, con il Samizdat vennero pubblicate opere di oltre 300 autori, per la maggior parte giovani.  
 
I testi venivano spesso letti e commentati in famiglia o in compagnia di amici.  
 
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Julij Markovič Daniėl' e Andrej Donatovič Sinjavskij

 
Alla prima fase pionieristica del Samizdat ne seguì una più "organizzata": gli scrittori iniziarono ad adoperarsi per far pubblicare le proprie opere all'estero, spesso sotto pseudonimo; quindi i libri ritornavano in patria e si diffondevano attraverso i canali clandestini.  
 
Così fecero ad esempio gli scrittori Julij Markovič Daniėl' (1925 – 1988), e Andrej Donatovič Sinjavskij (1925 – 1997), entrambi arrestati nel 1965 e poi condannati rispettivamente a cinque anni e a sette anni di gulag "per scritti antisovietici".  
 
Daniel' scriveva sotto lo pseudonimo di "Nikolaj Aržak", mentre Siniavskij scriveva col nome di "Abram Terc".  
 
Mentre era ancora molto viva l'impressione per il loro arresto, il 5 dicembre 1965 si svolse in piazza Puškin a Mosca la prima manifestazione con slogan sui diritti umani durante l'esistenza del regime sovietico. All'Università di Mosca comparirono volantini, stampati con la collaudata tecnica del Samizdat, contenenti un appello civile a favore dei due scrittori ed un invito a partecipare alla manifestazione di piazza Puškin.  
 
La distribuzione di quel volantino costò l'internamento in ospedale psichiatrico alla studentessa di 16 anni Yulia Vishnevskaya, al 24enne Vladimir Bukovskij e al 19enne Leonid Gubanov. Vishnevskaya e Gubanov vennero rilasciati dopo un mese, mentre Bukovskij rimase detenuto per circa 8 mesi.  
 
Venti giovani furono arrestati quel giorno in piazza Puškin e quaranta studenti vennero espulsi dall'Università.  
 
Il processo a Daniel' e Siniavskij fu un punto di svolta nella storia della lotta per i diritti dell'uomo in URSS: per la prima volta un processo venne seguito da una vasta platea in Russia e all'estero e si aprì la stagione degli appelli pubblici; l'incipit lo diede Marija Vasil'evna Rozanova, la moglie di Siniavskij, e dopo di lei gruppi di scrittori o semplici cittadini iniziarono a scrivere per perorare la causa degli arrestati.  
 
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Boris Leonidovič Pasternak (1890 - 1960) e il suo romanzo Il dottor Živago

 
Nel Samizdat circolavano anche le opere di Boris Pasternak, stampate all'estero e diffuse clandestinamente in Russia. Il suo romanzo "Il dottor Živago" gli valse nel 1958 l'assegnazione del premio Nobel per la letteratura che egli non ritirò, non volendo rischiare l'espulsione dal proprio Paese. Morì due anni dopo. Al suo funerale parteciparono anche Daniėl' e Sinjavskij.  
 

Dalla letteratura ai notiziari clandestini

 
Nato per diffondere opere letterarie fuori dalle costrizioni della censura, il Samizdat divenne presto lo strumento per diffondere le notizie sulle vicende che coinvolgevano i cosiddetti "dissidenti", persone che avevano iniziato a pensare ed esprimersi fuori dagli schemi dell'ideologia al potere.  
 
Questi bollettini erano molto ricchi di materiale informativo, nonostante il segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica Nikita Sergeevič Chruščëv avesse dichiarato pubblicamente più volte l'inesistenza di prigionieri politici in URSS.  
 
 
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Una pagina de "La cronaca degli avvenimenti correnti"

 
 
Fra le pubblicazioni clandestine di maggior successo in Russia ricordiamo "La cronaca degli avvenimenti correnti" (Хроника теку́щих событий), che venne pubblicato per 15 anni, dal 1968 al 1983. Il suo contenuto principale erano le vicende dei dissidenti, i processi, le sentenze: 424 processi politici, in cui furono condannate 753 persone. Nessuno degli imputati fu assolto. Inoltre, 164 persone furono dichiarate pazze e inviate per un tempo indefinito a ospedali psichiatrici. (Fonte).  
 
 
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La prima editrice e dattilografa di questa pubblicazione fu Natal'ja Evgen'evna Gorbanevskaja (1936-2013), nota alle cronache per aver partecipato ad una manifestazione di protesta sulla Piazza Rossa nel 1968 a seguito dell'invasione dei carri armati sovietici a Praga. Fu quindi arrestata diverse volte e inviata ad un ospedale psichiatrico dal 1970 al 1972.  
 
Anche nel caso di Natal'ja siamo di fronte ad una persona innamorata della poesia, come il primo gruppo di ragazzi di piazza Majakovskij. Il suo essere "dissidente" non si originava da un progetto politico, da un'ideologia contraria a quella del regime comunista, ma da un processo di maturazione umana che la portò a testimoniare la verità e la giustizia, senza odio per i nemici, perché «odiando, distruggiamo noi stessi, non loro».  
 
Molto attivi nell'editoria furono i cristiani evangelici battisti, che avevano 35 tipografie clandestine e pubblicavano opere di carattere religioso con la casa editrice "Christianin". Molto diffuso anche il "Bollettino dei parenti dei prigionieri battisti", che dava notizia delle persecuzioni in atto a danno dei loro correligionari.  
 
Il fenomeno degli scritti clandestini ebbe grande diffusione in tutti i Paesi situati oltre la "cortina di ferro".  
 
In Ucraina ricordiamo la pubblicazione di "Araldo ucraino" (Український вісник, 1970-1975) e del "Bollettino d'informazione" del Gruppo Helsinki, in cui si dava notizia degli arresti, delle condanne, delle liberazioni dei dissidenti.  
 
In Lituania - focalizzato sulla vita della Chiesa Cattolica - si diffuse la "Cronaca della Chiesa Cattolica in Lituania, 1972-1989).  
 
Fra i nomi di spicco di persone legate a questa pubblicazione lituana, ricordiamo Nijolė Sadūnaitė (1938), arrestata nel 1974 e poi condannata ad un totale di 6 anni fra reclusione e confino.  
 
In Polonia gli scritti "pubblicati in proprio" accompagnarono la nascita e lo sviluppo del movimento sindacale libero Solidarność, mentre in Cecoslovacchia fiancheggiò il movimento per i diritti civili "Charta 77".  
 
 
 
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Samizdat - L'anno dei diritti dell'uomo in Unione Sovietica

 
2021-02-20
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