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Se sia meglio vivere da soli o con dei fratelli
Una meditazione di San Basilio  
 
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Se sia meglio vivere da soli o con dei fratelli

 
Trovo che per molti aspetti è più utile vivere insieme. In primo luogo perché nessuno basta a se stesso neppure per le necessità del corpo, ma abbiamo bisogno gli uni degli altri per provvedere a quanto ci occorre. E Dio ha disposto che noi avessimo bisogno gli uni degli altri affinché ci unissimo gli uni agli altri, come sta scritto.  
 
In secondo luogo, in una vita separata dagli altri non avverrà facilmente che ciascuno riconosca il proprio peccato, poiché non avrà chi lo rimproveri e lo corregga con dolcezza e misericordia. Un rimprovero, infatti, anche se viene da un nemico, produce spesso nell’anima ben disposta il desiderio di essere curata.  
 
L’amore verso il nemico giunge fino a vedere in lui un medico e un maestro. Il nemico, chi ci è ostile, ci costringe a guardare in faccia, senza mascherarli, i nostri desideri di aggressività, di vendetta, i pensieri di orgoglio e di odio, ma allora ci aiuta a vedere il male che si annida nel nostro cuore.  
 
Dice Doroteo di Gaza: “A volte un fratello crede di essere in pace, tranquillo, ma come un altro gli rivolge una parola molesta, subito ne resta turbato e per questo crede di aver ragione a rattristarsi e dice contro di lui: «Se questo fratello non fosse venuto a parlarmi e a turbarmi, non avrei peccato».  
 
Illuso! È un ragionamento sbagliato! Ha forse messo dentro di lui la passione dicendogli quella parola? Gli ha semplicemente manifestato la passione che aveva dentro di sé perché, se vuole, possa pentirsene. Quel fratello se ne stava in pace, come credeva, ma dentro di sé aveva una passione e non lo sapeva. È bastata una sola parola del fratello per scoprire il marciume nascosto dentro di lui.  
 
Se dunque vuole ottenere misericordia, faccia penitenza, purifichi il suo cuore, e vedrà che deve piuttosto ringraziare il fratello per essergli stato d’aiuto.  
 
In terzo luogo, siamo un unico corpo, siamo membra gli uni degli altri. Vivendo da soli non prendiamo parte concordemente all’edificazione di un unico corpo nello Spirito Santo.  
 
[detto di un padre del deserto, Macario: “Come infatti le membra del corpo, pur essendo molte, formano un solo corpo, e si aiutano mutualmente e ciascun membro adempie il proprio compito: l’occhi vede per tutto il corpo, la mano lavora per tutte le membra, il piede cammina portando tutte le membra e un altro membro soffre con tutti gli altri; così si comportino i fratelli gli uni con gli altri. E chi prega non giudichi chi lavora, dicendo: ‘perché costui non prega?’. E chi lavora non giudichi quello che prega dicendo: ‘Quello resta a pregare e io lavoro’. E chi adempie un servizio non giudichi l’altro, ma ciascuno, qualunque cosa faccia, la faccia a gloria di Dio. Chi legge le Scritture dimostri amore per chi prega e gioisca a causa sua pensando: ‘Prega per me’, e chi prega pensi di colui che lavora: ‘Ciò che fa, lo compie a utilità comune’”].  
 
Come potremo, separati e divisi, custodire la mutua connessione delle membra e il servizio reciproco o la sottomissione al nostro capo, cioè Cristo.  
 
Non sarà possibile rallegrarsi con chi riceve gloria, né soffrire con chi soffre, se si vive separati dagli altri, poiché ciascuno non può certo conoscere ciò che accade al prossimo. Nella vita comune il carisma proprio di ciascuno diventa comune a quelli che vivono con lui. E questi doni uno li riceve più per gli altri che per se stesso.  
 
Infine, un pericolo per la vita solitaria è quello del compiacimento di sé. Poiché, se uno non ha chi possa esaminare la sua opera, crederà di essere giunto alla perfezione nell’adempiere il comandamento e poi, conservando sempre inattive le proprie facoltà, non si rende conto dei suoi difetti e non constata alcun progresso nelle sue opere, poiché ha eliminato la possibilità stessa di praticare i comandamenti.  
 
In che cosa infatti darà prova di umiltà, se non ha nessuno di cui mostrarsi più umile? In che cosa darà prova di misericordia, se è separato dalla comunione con altri? E come potrà esercitarsi nella pazienza, se non c’è nessuno che si oppone alle sue volontà? Se uno poi dicesse che basta apprendere la Scrittura per correggere i costumi, farebbe esattamente come uno che impara il mestiere del falegname e non fabbrica mai niente, come uno cui viene insegnato il mestiere del fabbro e non vuole mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti.  
 
Tu che vivi da solo con te stesso, a chi laverai i piedi? Di chi ti prenderai cura? Di chi ti farai ultimo? Come si potrà realizzare, nella vita solitaria, la bellezza e la gioia dell’abitare insieme tra i fratelli, gioia che lo Spirito santo paragona al profumo che emana dalla testa del sommo sacerdote? L’abitare insieme tra fratelli è dunque uno stadio ove lottare, una via sicura di progresso, un continuo esercizio e un’ininterrotta meditazione dei comandamenti del Signore. E il fine di questa vita comune è la gloria di Dio.  
 
San Basilio, Le grandi regole D7  
 
2021-03-10
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