Logo_LAMP_02
Lampada ai miei passi è la tua parola

 

Questo sito web utilizza i cookies
Utilizziamo i cookie per assicurarci di darti la migliore esperienza sul nostro sito web. Se continui ad utilizzare il sito, assumiamo che tu accetti di ricevere i cookie da questo sito web
home OK Articoli
OK
Peter, un bambino eucaristico nei tempi della persecuzione
OK

Peter, un bambino eucaristico nei tempi della persecuzione

 
In occasione della Festa del Corpus Domini abbiamo ricevuto da don Ernesto Grignani il presente racconto di Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakhstan).  
 
Peter Schmidtlein nacque presso Karaganda il 16 aprile 1967 nella numerosa famiglia tedesca di Peter e Serafina Schmidtlein, genitori di otto figli. Facevano parte di quei tedeschi deportati in Russia, nel Kazakhstan, dal regime staliniano. Il Servo di Dio e vescovo clandestino di Karaganda, Monsignor Alexander Chira, battezzò il piccolo Peter e fu anche suo padrino di battesimo.  
 
Il vescovo Alexander Chira morì nel 1983 a Karaganda in fama di santità in seguito a dure e lunghe carcerazioni. Un altro bambino di questa famiglia fu battezzato dal Beato Alexij Zaritsky, sacerdote e martire a Karaganda (morto nel 1963 e beatificato nel 2001). A soli quattro anni il piccolo Peter cominciò a ricevere l’istruzione catechistica sulla Santa Comunione dalla Serva di Dio Gertrude Detzel, una donna con un’anima apostolica e instancabile catechista nei tempi della persecuzione in Karaganda. Questa santa donna era un vero confessore della fede.  
 
A causa del suo coraggioso apostolato clandestino, ella veniva frequentemente incarcerata, e tuttavia persino durante la prigionia non cessava di annunciare Cristo e la fede cattolica. Gertrude Detzel morì santamente nel 1971 a Karaganda. Quando il piccolo Peter sostò in preghiera presso la bara aperta della sua catechista Gertrude, rimase assai colpito dalla corona del rosario che ella aveva tra le mani. Nel cammino di ritorno a casa disse alla sua mamma: “Mamma, quando io morirò, metti tra le mie mani il Rosario come la zia Gertrude”.  
 
Poco tempo dopo la morte di Gertrude il piccolo Peter si ammalò. I medici diagnosticarono un tumore maligno al cervello e decisero di non intervenire chirurgicamente a causa delle scarse possibilità di successo. Per di più intervenne una disfunzione di mobilità che costrinse il bambino a letto. Peter aveva continui e violenti dolori. I medici si rifiutarono di trattenerlo in ospedale poiché la malattia era incurabile e causava dolori insopportabili.  
 
Così il piccolo Peter veniva assistito a casa in seno alla sua numerosa famiglia. Il giorno in cui il bambino fu portato a casa, cominciò a chiedere insistentemente e con lacrime di poter ricevere la Santa Comunione. Il giorno seguente sopraggiunse inatteso dalla Lituania un sacerdote clandestino, il Rev. P. Antonius Seskevicius S.J., che nel 1961 in Kirghizstan aveva impartito il battesimo al futuro vescovo Athanasius Schneider.  
 
Il sacerdote venne informato della situazione critica del bambino e diede ascolto alle sue richieste insistenti. P. Antonius prese il bambino da parte e gli pose qualche domanda sulla Santa Eucaristia. A seguito di questa conversazione il sacerdote si convinse che il bambino aveva sufficiente conoscenza della fede e specialmente della Santa Comunione e gli amministrò per la prima volta questo sacramento; era il 16 dicembre 1971, Peter aveva quattro anni e mezzo. P. Antonius permise a Peter di ricevere quotidianamente la Santa Comunione.  
 
Il vescovo Alexander Chira permise che una stanza della casa degli Schmidtlein fosse adibita a cappella con il Santissimo Sacramento e concesse che il padre di famiglia, Peter Schmidtlein, distribuisse regolarmente la Santa Comunione alla sua numerosa famiglia. Quasi ogni mattina, chiuse le porte e le finestre, la famiglia si radunava davanti al Santissimo Sacramento per la recita delle preghiere comuni, al termine delle quali tutti i membri della famiglia si mettevano in ginocchio e il padre Peter con grande riverenza prendeva la pisside e diligentemente con un cucchiaio distribuiva la Santa Comunione alla famiglia inginocchiata.  
 
Nessuno di loro, nemmeno Peter, osava toccare con le mani né con la punta delle dita il Santissimo Sacramento. Nel corso di questa distribuzione pressoché quotidiana della Santa Comunione anche il piccolo Peter riceveva il Santissimo Sacramento che il suo papà gli amministrava con un cucchiaio. Era questa la gioia più grande per il piccino che passava la giornata in attesa del momento della Santa Comunione.  
 
Il vescovo Alexander veniva qualche volta a celebrare segretamente la Santa Messa e per consacrare le ostie. Quando venne a sapere che il piccolo Peter aveva ricevuto la Comunione il giorno prima, si meravigliò che un bambino così piccolo ricevesse la Comunione e in un primo momento lo proibì, pensando che un bambino di quattro anni non fosse sufficientemente preparato.  
 
Qualche giorno dopo il vescovo Alexander partì, la famiglia si radunò di nuovo davanti al Santissimo Sacramento per ricevere la Santa Comunione; il piccolo Peter chiese alla sua mamma che lo portasse nella cappella per ricevere Gesù, ma la sua mamma gli rispose che non avrebbe più potuto fare la Comunione perché il vescovo Alexander pensava che fosse ancora troppo piccolo. Il bambino scoppiò immediatamente in pianto e rifiutò di fare colazione affermando che prima avrebbe dovuto ricevere la Santa Comunione.  
 
Il bambino era inconsolabile perché non poteva più ricevere Gesù nella Santa Comunione. La nonna Elisabeth Schmidtlein provò talmente compassione per il suo nipotino da decidere di fare un viaggio di non meno di 20 chilometri per incontrare il vescovo Alexander. Ella spiegò in modo dettagliato al vescovo la reale situazione spirituale del piccolo Peter. Dopo aver attentamente ascoltato il racconto della nonna Elisabeth, il vescovo disse: “Se un bambino è tanto profondamente entrato nel senso del Sacramento e ha fame del Corpo di Cristo, la Santa Comunione gli deve essere amministrata.  
 
Nella prossima occasione io stesso verrò e amministrerò la Comunione al bambino”. Quando la nonna rientrò a casa portando la buona notizia del vescovo, il piccolo Peter ne fu estremamente felice.  
 
Alcuni mesi più tardi, nel febbraio 1972, il piccolo Peter diventò cieco. Emma Bellman, un’amica di famiglia, lo venne a sapere una volta giunta in visita. Emma entrò nella camera da letto del piccino, si sedette accanto al suo letto, prese dalla borsa una grossa mela rossa e disse a Peter: “Ti ho portato una mela bellissima e gustosa”. Il bambino sorrise, ringraziò e tese la mano per toccare la mela. Egli, però, non vi riuscì.  
 
Emma subito comprese che il bambino non era in grado di vedere. Silenziosamente la donna mise la mela nella mano del bambino, sistemò il suo cuscino e se ne andò con gli occhi pieni di lacrime. Tutti i membri della famiglia erano scioccati: nessuno poteva immaginare che il piccolo Peter fosse divenuto cieco, poiché non si lamentava mai e riconosceva dalla voce quanti entravano nella stanza.  
 
Mamma Schmidtlein domandò al suo bambino: “Perché non ci hai detto che sei cieco?” Il piccolo Peter sospirò profondamente e le rispose: “Solo per non rattristarvi”. Nella casa degli Schmidtlein altri ragazzi ricevevano segretamente la catechesi sulla Santa Comunione. Anche il piccolo Peter voleva sempre partecipare alle lezioni.  
Egli era il più giovane di tutti, giacché gli altri bambini avevano sette o più anni d’età. Quando il catechista poneva delle domande ai bambini, questi esitavano o non sapevano rispondere, Peter invece alzava la mano e diceva: “Per favore, chieda a me”. Peter rispondeva sempre in modo molto preciso e corretto. Il bambino imitava il Signore nell’accettazione dei dolori. Mai si lamentava. Si limitava a piangere in silenzio quando i dolori al capo diventavano insopportabili, chiedendo che gli si amministrassero le medicine.  
 
Il piccolo Peter spesso parlava di Dio agli altri bambini. Nella casa degli Schmidtlein c’era un pendolo. Ad ogni battere dell’ora Peter chiedeva alle persone presenti accanto al suo letto: “Cosa si deve dire quando l’orologio rintocca?” Se il fratello e le sorelle più grandi non riuscivano a ricordare le parole giuste, allegramente egli replicava: “Amatissimo Gesù resta con me, quest’ora consacro a te”.  
 
Il piccolo Peter morì il 5 febbraio 1973, non aveva ancora compiuto sei anni. Durante la malattia sua nonna Elisabeth spesso gli parlava della morte e di ciò che ci attende dopo di essa. Un giorno domandò al piccolo: “Peter, ma tu cosa vuoi? Vuoi essere guarito o vuoi andare in Cielo per vedere la Madre di Dio, gli angeli, la zia Gertrude che ti ha istruito sulla Santa Comunione?” Il bambino rimase un attimo pensieroso, quindi con un sorriso rispose: “No, voglio andare in cielo per vedere la Madre di Dio e la zia Gertrude”.  
 
Quando le sorelle maggiori vennero a sapere di questa conversazione, rimproverarono la nonna e le dissero: “Nonna, è certamente molto meglio se Peter non muore, guarisce e rimane insieme a noi”. Nonna Elisabeth rispose: “Non è giusto porre condizioni al Signore. Dobbiamo pregare che sia fatta non la nostra volontà, ma la volontà di Dio”.  
 
Il bambino Peter visse per due anni solamente dell’Eucaristia, ricevendola quasi tutti i giorni e quasi sempre dalle mani di suo padre Peter. Nella vita di questo fanciullo si realizzò e si rivelò in modo ammirabile la verità divina delle parole della Sacra Scrittura: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che dà la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me” (Gv 6,56-57).  
 
Il piccolo Peter e la sua famiglia hanno avuto un profondo amore e allo stesso tempo un profondo rispetto esteriore per il Corpo Eucaristico di Cristo. Nessuno di loro osava toccare il sacratissimo Corpo di Cristo con le mani o con la punta delle dita. Si mettevano tutti quanti in ginocchio mentre il padre di famiglia distribuiva la Santa Comunione con un cucchiaio.  
 
Il piccino non faceva mai colazione prima di ricevere la Santa Comunione. Spesso recitava una breve preghiera di Comunione spirituale quando l’orologio rintoccava, dicendo: “Amatissimo Gesù, resta con me!”. Una fede eucaristica così profonda veniva inoltre mantenuta viva da un riverente atteggiamento esteriore. La Santa Comunione era il cuore di questa chiesa domestica e la fece fiorire nelle tenebre della persecuzione.  
 
Alcuni anni dopo la morte del piccolo Peter, morì anche il suo papà, capo di questa numerosa famiglia. La vita eucaristica del piccolo Peter e di tutta la sua famiglia ha portato molti frutti. I sei bambini rimasti in vita, ad eccezione di una bimba, hanno tutti consacrato la loro vita a Dio. Il fratello maggiore Josef è diventato sacerdote nella Compagnia di Gesù e attualmente svolge il suo ministero in Kazakhstan.  
 
Le quattro sorelle (Valentina, Rosa, Anna e Maria) si sono consacrate nella Congregazione delle Ancelle del Santissimo Sacramento. Infine, anche la madre Serafina è entrata nella stessa Congregazione delle sue figlie. La madre del piccolo Peter, Suor Serafina, vive ancora in un convento della sua Congregazione a Karaganda. Il corpo del piccolo Peter giace in un cimitero presso Karaganda come un chicco di grano caduto in terra e morto, ma che ha portato molto frutto (cf. Gv 12,24).  
 
Il piccolo Peter è senza dubbio uno dei numerosi santi bambini, la venuta dei quali fu profetizzata dal Papa San Pio X quando spalancò la porta del tabernacolo affinché anche i piccoli innocenti potessero nutrirsi del sacro Corpo di Cristo. La pura fede e la toccante riverenza esteriore di questi bambini eucaristici è e rimarrà un silenzioso ma forte monito per tutti i cattolici, specialmente per gli adulti e per quanti si considerano “adulti”, spronandoli a rinnovare la loro adesione all’integrità della fede eucaristica ed inoltre ad assumere essi stessi un atteggiamento esteriore conforme alla grandezza e maestà del Corpo di Cristo, che essi hanno il privilegio di ricevere, cioè mettendosi in ginocchio, aprendo la bocca e lasciandosi cibare con il Corpo di Cristo come fossero bambini.  
 
Solo una fede profonda e pienamente cattolica nell’Eucaristia, nonché una corrispondente riverenza e pietà esteriori rinnoveranno efficacemente la vita della Chiesa, come dimostrato dagli esempi offerti dalle numerose “chiese domestiche” (le famiglie) clandestine e dalla fioritura silenziosa di tanti santi bambini nel tempo della persecuzione della Chiesa.  
 
Il Signore conceda che anche ai nostri giorni, anche nei Paesi dove la Chiesa almeno esteriormente non è fatta oggetto di persecuzione, possano sempre più sorgere famiglie eucaristiche come quella di Peter Schmidtlein e soprattutto bambini eucaristici come il piccolo Peter. Attraverso quei piccoli che ancora posseggono la purezza della fede e il dono del santo timore di Dio manifestati dalla loro riverenza verso il Corpo Eucaristico di Cristo, lo Spirito Santo rinnoverà lentamente ma inesorabilmente la sua Chiesa nei nostri giorni. Sia Peter, il bambino eucaristico, nostro intercessore.  
 
don Ernesto Grignani  
OK

 
2022-06-25
Copyright © 2018 Lampadaaimieipassi.it
mf4web_logow