Eustochio, Lucrezia Bellini, indemoniata e beata
Storia della patrona degli esorcisti
Eustochio, Lucrezia Bellini, indemoniata e beata
La piccola Lucrezia Bellini nacque a Padova nel 1444 in circostanze che segnarono la sua vita, tutta attraversata dalla sofferenza: sua madre infatti era una monaca del monastero benedettino di san Prosdocimo, dove la disciplina religiosa era assente.
Il padre, Bartolomeo Bellini, un uomo sposato che abitava nella zona, la riconobbe come sua figlia ma sua moglie non la voleva in casa con sé e la maltrattava ripetutamente. Quindi Bartolomeo affidò la bambina alla cura del medesimo monastero.
Dall'età di quattro anni cominciarono a manifestarsi nella piccola Lucrezia i segni della possessione demoniaca. Alle sofferenze causatele dal demonio si aggiungevano le angherie e le persecuzioni da parte delle monache che la ritenevano una strega.
Il vescovo dell'epoca, mons. Giacomo Zeno, intervenne nel 1460 per restaurare nel monastero la disciplina monastica, ma le religiose non accettarono e lasciarono tutte il monastero ad eccezione di Lucrezia.
La vita religiosa riprese nel monastero di san Prosdocimo grazie alle monache provenienti dal convento di Santa Maria della Misericordia, guidate dalla badessa Giustina da Lazzara.
Quando Lucrezia ebbe diciott'anni chiese di entrare nell'Ordine benedettino, e il 15 gennaio 1461 ne vestì l'abito, assumendo il nome religioso di Eustochio che in greco significa "ricco di spighe".
Il nome fu scelto da Lucrezia in quanto devota a San Girolamo: Julia Eustachim, nata a Roma nel 368 d.C. e morta a Betlemme nel 418, era stata la discepola prediletta del santo.
La vita della religiosa trascorreva nella preghiera, nel digiuno, nelle penitenze, ma le possessioni del demonio non le davano pace e un giorno essa venne legata ad una colonna per diversi giorni.
Fu allora che la badessa morì e questo fatto sollevò contro Lucrezia i sospetti delle altre monache che la ritennero colpevole di quella morte, come strega.
Venne dunque rinchiusa in una cella per tre mesi a pane ed acqua, mentre il demonio continuava ad angariarla e percuoterla. Talvolta, dalle consorelle accorse a causa delle sue grida, venne rinvenuta giacente a terra in fin di vita.
Il confessore di Lucrezia, don Girolamo Salicario, la conosceva bene e convinse le monache a liberarla dalla prigionia. Ci fu chi cercò di convincerla a lasciare il monastero e la vita religiosa, ma ciò non avvenne: rispose che tutte quelle tribolazioni, che viveva, erano bene accette e che intendeva espiare la colpa da cui era nata, proprio là dov’era stata commessa.
Gli ultimi anni di vita Eustochio li trascorse quasi sempre a letto ammalata, assorta nella preghiera e nella meditazione della Passione di Gesù. Infine morì, il 13 febbraio 1469, a soli venticinque anni, consumata dalle sofferenze. Il suo volto si ricompose in una bellezza che gli anni di continue sofferenze avevano sfigurato.
Anche da morta le sue spoglie non ebbero pace, in quanto furono cambiate di posto per diverse volte.
Nel 1760 Papa Clemente XIII, che era stato vescovo di Padova, la dichiarò beata.
Il 16 novembre 1472, in occasione della ricognizione per la beatificazione ed il trasferimento della salma, il suo sepolcro fu aperto e si scoprì, davanti alle autorità, che il corpo, dopo oltre tre anni di sepoltura senza cassa, era rimasto incorrotto.
Quindi doveva essere sepolta in una cripta del monastero, ma il 6 gennaio 1473 il luogo si riempì di acqua che continuò a sgorgare operando numerosi miracoli, fino a quando, nel 1806, il monastero di san Prosdocimo venne soppresso.
La salma della beata Eustochio venne collocata in una teca di cristallo all'interno della chiesa del monastero e poi, il 14 novembre 1475, fu traslata nella chiesa di San Pietro.
Per celebrare i 550 anni dalla sua morte, il 10 febbraio 2019 la salma venne portata temporaneamente nel Duomo di Santa Maria Assunta, a Padova, in attesa del completamento del restauro della chiesa di San Pietro.
Ogni anno il 13 febbraio si celebra la memoria liturgica della beata Eustochio.
2025-06-25