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Stiamo vivendo un cambiamento d'epoca?
Due punti di vista a confronto  
 
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Salvador Dalì - Il Cristo di San Giovanni della croce

Non è infrequente ascoltare questo giudizio sui tempi che stiamo vivendo: «stiamo vivendo un cambiamento d'epoca».  
 
La ragione che induce un tale pensiero è il sommarsi di segnali di cambiamento in tutte le sfere della vita dell'uomo e della società.  
 
L'idea del cambiamento d'epoca, o di una nuova era che ci attende, non è nuova; già Gioacchino da Fiore (1130 – 1202) prefigurava l'avvento di una nuova era (oggi la chiameremmo "New Age"). Sappiamo come questa idea di una "New Age" sia stata rilanciata con forza nel secolo XX dagli ambienti della teosofia (Alice Bailey, 1880-1949) e dell'antroposofia (Rudolf Steiner, 1861-1925).  
 
Non desidero approfondire i contenuti di queste posizioni culturali o pseudo-religiose, quanto piuttosto rilevare un fattore centrale nella formulazione stessa di una tale possibile evoluzione, che è l'idea che Gesù Cristo, la pietra angolare [(Mt 21,42),(Mc 12,10),(Lc 20,17),(At 4,11),(Ef 2,20),(1Pt 2,6),(1Pt 2,7)] possa essere "superato" nella storia e che la sua epoca (che negli ambienti su citati viene connotata con il "segno dei pesci") possa far posto ad una nuova epoca "dell'acquario".  
 
“Stat Crux dum volvitur orbis”, un motto celebre di origine certosina, afferma invece che tale centralità non è in discussione.  
 
Non possiamo dimenticare le parole con cui si apre l'enciclica "Redemptor hominis" di Papa Giovanni Paolo II (1979): «Il Redentore dell'uomo, Gesù Cristo, è centro del cosmo e della storia». Dunque non "è stato", ma "è".  
 
Se dunque la centralità di Cristo non può essere rimossa dagli uomini, si potrà parlare di "apostasia", perché l'uomo rimane libero di respingere l'amore salvifico di Cristo, ma non di "cambio di epoca".  
 
«Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo». (1Cor 3,11)  
 
2020-06-13
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