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Parlare al cuore dell’altro
Come ritrovare le strade della comunicazione nell’era digitale. Dal ciclo di meditazioni per le famiglie.  
 
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Marc Chagall, Compleanno, 1915

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Parlare al cuore dell’altro

 
1. La comunicazione in Dio  
In principio era il Verbo,  
e il Verbo era presso Dio  
e il Verbo era Dio.  
Egli era, in principio, presso Dio:  
tutto è stato fatto per mezzo di lui  
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. (Gv 1, 1-3)
 
 
Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 30)  
 
«Una sola cosa nel potere di dare la vita eterna, una sola cosa nella gioia dell’amore, in cui si donano l’uno all’altro e in cui la gioia del ricevere e quella del ridonare sono così perfettamente fuse fra di loro da non risultare più distinguibili.  
Continuamente il Padre e il Figlio sono l’uno per l’altro più di quanto avessero supposto. L’autore di questo straripamento eterno dell’amore è lo Spirito Santo.  
In questo modo il Padre e il Figlio sono eternamente una cosa sola, e tuttavia tale unità non è maiuna realtà conclusa, bensì il miracolo che sempre si adempie ed arricchisce al di là di ogni aspettativa.» 1  
 
2. Il deserto della comunicazione digitale  
 
a. La fretta  
 
Cose originali e profonde sulla fenomenologia della comunicazione digitale emergono da un altro libro di Raffaele Simone. La connessione telematica dà la percezione di essere collegati in ogni momento con tutto il mondo, di potere fare tutto, o se non altro di sapere tutto.  
 
Oggi non abbiamo bisogno di uscire di casa, o di incontrare qualcuno per essere informati di qualcosa, e questo accresce la inclinazione a essere sedentari, e a chiudersi in una ghiacciata solitudine.  
 
Come cambiano le forme di comunicazione, e di apprendimento delle conoscenze e delle informazioni? Le informazioni sono divenute torrenti, fiumi, inondazioni, inarrestabili, e siamo divenuti incapaci di dominarle, di memorizzarle, e di valutare se siano, o non siano, di buona qualità.  
«L’uso intenso del calcolatore, soprattutto se è collegato in rete, introduce nei ritmi di pensiero un coefficiente permanente di accelerazione e quindi di fretta.  
Non riusciamo più neanche a sopportare un minimo di attesa dinanzi a un’operazione che stiamo facendo col computer. Il clock della mente, il suo controllo del ritmo e della velocità, è disturbato alla radice dal clock del calcolatore».2  
 
b. Il mondo come un film  
 
«Ora invece, tra la realtà e noi si è frapposto lo schermo –non importa se del calcolatore o della televisione. Si vede il mondo essenzialmente attraverso lo schermo. Lo schermo ci dà una varietà di rappresentazioni di qualcosa che ci sembra il mondo, ma il mondo che vediamo potrebbe non esserci affatto».  
 
«La conseguenza è che non distinguiamo più il vero dal falso, il reale dal virtuale. «La percezione è andata in malora, con il senso di realtà, con la ricchezza degli oggetti “veri” e tutto il resto. La gente comune si è già arresa. L’attentato alle Twin Towers di New York, ad esempio, è stato visto da tutti come un film, come un immenso e straordinario effetto speciale cinematografico. È stato visto cioè non con gli occhi di una persona, ma attraverso gli occhi di uno spettatore».  
 
Questo significa che «dinanzi a taluni eventi non siamo più capaci di guardarli come fatti. Li guardiamo come spettacoli. Non siamo più in grado di dire “questo è vero e questo è falso”».  
 
«Come sarà possibile sfuggire al fascino gorgonico [Gorgone è un mostro femminile della mitologia greca dall’aspetto terrificante n.d.r.] della comunicazione digitale, e risalire alle sorgenti della comunicazione personale, della comunicazione emozionale, della comunicazione che edifica ponti fra noi e gli altri, fra chi cura e chi è curato? Ma la comunicazione digitale ha anche un suo tempo che è utile conoscere». 3  
 
c. Una cascata di istanti sconnessi  
 
«Quale è il tempo della comunicazione digitale? Non è il tempo della agostiniana circolarità fra il presente, il passato e il futuro, ma è un tempo che vive in un presente intessuto di istanti, di frammenti, che sono gli uni accostati agli altri, gli uni staccati dagli altri, in un presente che non ha storia, non ha passato, e non ha speranze, non ha futuro, in un presente che è di volta in volta risucchiato nel flusso ininterrotto di comunicazioni che nascono e muoiono, rinascono e scompaiono, senza lasciare tracce durature nella nostra vita interiore e nella nostra memoria vissuta.  
 
Il tempo della comunicazione digitale, nelle sue vertiginose dissolvenze, non consente facilmente riflessioni e meditazioni, rielaborazioni e ripensamenti, che richiedono tempi distesi, pause e dilatazioni impossibili nei tempi veloci, anzi velocissimi, delle informazioni digitali.  
 
Queste compaiono per un attimo sullo schermo, e poi scompaiono, trascinando con sé risonanze sempre diverse, e non di rado le une in conflitto con le altre, le une inconciliabili con le altre. Il tempo digitale insomma scorre come acqua da una cascata, e lascia appena il tempo alla sua istantanea percezione, e alla sua conseguente sparizione.  
Non è allora facile parlarsi in questo deserto».4  
 
La comunicazione ecclesiale  
 
a. La vita comune  
 
«Si possono pronunciare discorsi retorici e mentire, si può soffrire e persino morire ingannando, ma non si può ingannare con la vita quotidiana. La prova valida della genuinità dell’anima è la vita comune».5  
 
«Comunione e comunicazione sono la stessa cosa. Non è un caso, infatti, che un’altra espressione latina della parola comunione sia proprio communicatio. Comunione e comunicazione sono la stessa realtà perché, nella Trinità, l’unità del Padre con il Figlio e lo Spirito è esattamente comunicazione: è Verbo e amore.  
 
Anche nell’uomo, la sua intelligenza e affezione indicano che la comunione non può essere vissuta se non come comunicazione, se non come donazione di sé. La comunicazione è dono di sé e perciò, in quanto partecipazione di sé all’altro, è un innervamento nella sua vita affinché sia sostenuta dallo stesso mistero che sostiene la mia.  
 
Quindi un’unità che non è desiderio di comunicazione, di parola, di carità vissuta, è inesistente, è un vulcano spento.  
 
L’opera di Dio è comunione perché egli è comunione. Tutto ciò che il Signore genera porta impressa questa traccia. Anche la comunione fra noi è opera sua. Poiché il nostro compito è essere rifrazione della sua opera, allora noi dobbiamo essere rifrazione della sua comunione». (Mons. Massimo Camisasca)  
 
b. Il silenzio  
 
«La vita spirituale della persona è inscindibile dal presupposto della sua comunicazione con gli altri, ma la comunicazione è incomprensibile fuori da una già esistente vita spirituale».6  
 
«Per ascoltare occorre tacere. Non soltanto attenersi a un silenzio fisico che non interrompa il discorso altrui (o se lo interrompe, lo faccia per rimettersi a un successivo ascolto), ma un silenzio interiore, ossia a un atteggiamento tutto rivolto ad accogliere la parola altrui. Bisogna far tacere il lavorio del proprio pensiero, sedare l’irrequietezza del cuore, il tumulto dei fastidi, ogni sorta di distrazioni».7  
 
c. La parola  
 
«Comunicare è entrare in relazione con se stessi e con gli altri; comunicare è trasmettere esperienze e conoscenze personali; comunicare è uscire da se stessi e immedesimarsi nella vita interiore di un altro da noi: nei suoi pensieri e nelle sue emozioni.  
 
Noi entriamo in comunicazione, e cioè in relazione con gli altri, in modo tanto più intenso e terapeutico quanta più passione è in noi, quante più emozioni siamo in grado di provare, e di vivere. Se vogliamo creare una comunicazione autentica con una persona, se vogliamo davvero ascoltarla, non possiamo non farci accompagnare dalle nostre emozioni».8  
 
«È una carità ben più grande alimentare con il nutrimento della parola l’anima che vivrà in eterno, che saziare con un cibo terreno il ventre di una creatura destinata a morire. Non negate pertanto, o fratelli, al vostro prossimo la carità della parola».9  
 
 
Note  
1 A. Von Speyr, San Giovanni, Esposizione contemplativa del suo vangelo.  
2 Eugenio Borgna, Parlarsi - 2015 pag. 68  
3 Eugenio Borgna, Parlarsi - 2015 pag. 70  
4 Eugenio Borgna, Parlarsi - 2015 pag. 713  
5 Pavel Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, lettera XI.  
6 Pavel Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, lettera XI.  
7 Giovanni Pozzi, Tacet - 2013 pag20; cit. in Eugenio Borgna, La fragilità che è in noi pag14.  
8 Eugenio Borgna, Parlarsi - 2015 pag. 9  
9 San Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli, I, 6  
 
Sorgente  
 
2020-03-07
Autore : don Gianluca Attanasio
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