Logo_LAMP_02
Lampada ai miei passi è la tua parola

 

Questo sito web utilizza i cookies
Utilizziamo i cookie per assicurarci di darti la migliore esperienza sul nostro sito web. Se continui ad utilizzare il sito, assumiamo che tu accetti di ricevere i cookie da questo sito web
home OK Articoli
OK
Nuovi "dubia" posti dai cardinali al Papa
Le preoccupazioni per la retta dottrina, in vista del Sinodo  
 
OK

Nuovi "dubia" posti dai cardinali al Papa

 
Cinque cardinali di cinque continenti - Burke, Brandmüller, Sarah, Zen, Sandoval – rendono pubbliche le cinque domande di chiarimento dottrinale poste a papa Francesco e che non hanno ricevuto una risposta.  
 
I temi: immutabilità della dottrina, benedizione delle coppie omosessuali, natura della Chiesa, sacerdozio femminile, sacramento della riconciliazione.  
 
Riportiamo i testi dal sito de "La Nuova Bussola Quotidiana".  
OK

La prima versione dei Dubia

 
1. Dubium circa l’affermazione che si debba reinterpretare la Divina Rivelazione in base ai cambiamenti culturali e antropologici in voga.  
 
Dopo le affermazioni di alcuni vescovi, che non sono state né corrette né ritrattate, si chiede se nella Chiesa la Divina Rivelazione debba essere reinterpretata secondo i cambiamenti culturali del nostro tempo e secondo la nuova visione antropologica che questi cambiamenti promuovono; oppure se la Divina Rivelazione sia vincolante per sempre, immutabile e quindi da non contraddire, secondo il dettato del Concilio Vaticano II, che a Dio che rivela è dovuta “l’obbedienza della fede”(Dei Verbum 5); che quanto è rivelato per la salvezza di tutti deve rimanere “per sempre integro” e vivo, e venire “trasmesso a tutte le generazioni” (7) e che il progresso della comprensione non implica alcun mutamento della verità delle cose e delle parole, perché la fede è stata “trasmessa una volta per sempre” (8), e il Magistero non è superiore alla parola di Dio, ma insegna solo ciò che è stato trasmesso (10).  
 
2. Dubium circa l’affermazione che la diffusa pratica della benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso, concorderebbe con la Rivelazione e il Magistero (CCC 2357).  
 
Secondo la Divina Rivelazione, attestata nella Sacra Scrittura, che la Chiesa “per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone” (Dei Verbum 10): “In principio” Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina li creò e li benedisse, perché fossero fecondi (cfr Gen 1, 27-28), per cui l’Apostolo Paolo insegna che negare la differenza sessuale è la conseguenza della negazione del Creatore (Rom 1, 24-32).  
 
Si chiede: può la Chiesa derogare a questo “principio”, considerandolo, in contrasto con quanto insegnato da Veritatis splendor 103, come un semplice ideale, e accettando come “bene possibile” situazioni oggettivamente peccaminose, come le unioni con persone dello stesso sesso, senza venir meno alla dottrina rivelata?  
 
3. Dubium circa l’affermazione che la sinodalità è “dimensione costitutiva della Chiesa” (Cost.Ap. Episcopalis Communio 6), sì che la Chiesa sarebbe per sua natura sinodale.  
 
Dato che il Sinodo dei vescovi non rappresenta il collegio episcopale, ma è un mero organo consultivo del Papa, in quanto i vescovi, come testimoni della fede, non possono delegare la loro confessione della verità, si chiede se la sinodalità può essere criterio regolativo supremo del governo permanente della Chiesa senza stravolgere il suo assetto costitutivo voluto dal suo Fondatore, per cui la suprema e piena autorità della Chiesa viene esercitata, sia dal Papa in forza del suo ufficio, sia dal collegio dei vescovi insieme col suo capo il Romano Pontefice (Lumen gentium 22).  
 
4. Dubium circa il sostegno di pastori e teologi alla teoria che “la teologia della Chiesa è cambiata” e quindi che l’ordinazione sacerdotale possa essere conferita alle donne.  
 
In seguito alle affermazioni di alcuni prelati, che non sono state né corrette né ritrattate, secondo cui col Vaticano II sarebbe cambiata la teologia della Chiesa e il significato della Messa, si chiede se è ancora valido il dettato del Concilio Vaticano II, che “il sacerdozio comune dei fedeli e quello ministeriale differiscono essenzialmente e non solo di grado” (Lumen Gentium 10) e che i presbiteri in virtù del “sacro potere dell’ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati” (Presbyterorum Ordinis 2), agiscono in nome e nella persona di Cristo mediatore, per mezzo del quale è reso perfetto il sacrificio spirituale dei fedeli?  
 
Si chiede, inoltre, se è ancora valido l’insegnamento della lettera apostolica di san Giovanni Paolo II Ordinatio Sacerdotalis, che insegna come verità da tenere in modo definitivo l’impossibilità di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, per cui questo insegnamento non è più soggetto a cambiamento né alla libera discussione dei pastori o dei teologi.  
 
5. Dubium circa l’affermazione “il perdono è un diritto umano” e l’insistere del Santo Padre sul dovere di assolvere tutti e sempre, per cui il pentimento non sarebbe condizione necessaria per l’assoluzione sacramentale.  
 
Si chiede se sia ancora vigente l’insegnamento del Concilio di Trento, secondo cui, per la validità della confessione sacramentale è necessaria la contrizione del penitente, che consiste nel detestare il peccato commesso con il proposito di non peccare più (Sessione XIV, Capitolo IV: DH 1676), cosicché il sacerdote deve rimandare l’assoluzione quando sia chiaro che questa condizione non è adempiuta.  
 
Città del Vaticano, 10 luglio 2023  
 
Walter Card. Brandmüller  
Raymond Leo Card. Burke  
Juan Card. Sandoval Íñiguez  
Robert Card. Sarah  
Joseph Card. Zen Ze-Kiun, S.D.B.
 
OK
OK

Vaticano, Santa Marta, 11 luglio 2023  
 
Eminentissimi Sig.ri Cardinali  
 
Walter BRANDMÜLLER  
Raymond Leo BURKE  
 
Cari fratelli,  
Vi scrivo in riferimento alla vostra lettera del 10 luglio scorso. In essa avete voluto portare alla mia attenzione alcuni dubbi, che secondo voi sono in qualche misura legati al processo avviato in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi sul tema della Sinodalità.  
 
A questo proposito, vorrei condividere alcuni aspetti molto importanti con voi. Con il prossimo Sinodo, ho fortemente voluto attuare un processo che coinvolga la partecipazione di una parte veramente significativa di tutto il popolo di Dio.  
 
In questo cammino, con l'aiuto e l'ispirazione dello Spirito Santo, abbiamo potuto raccogliere “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” e abbiamo potuto, ancora una volta, sperimentare che queste gioie, queste speranze, queste tristezze e angosce "sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. (Gaudium et spes, 1).  
 
Proprio per rispondere pienamente a ciò, questo processo - che durerà fino all'ottobre 2024 - ha raccolto anche domande e consultazioni sulla struttura (partecipazione e comunione) e sulla missione della Chiesa nel tempo in cui ci capita di vivere.  
 
Con grande sincerità, vi dico che non è molto bello avere paura di queste domande e di questi interrogativi. Il Signore Gesù, che ha promesso a Pietro e ai suoi successori un'assistenza indefettibile nel compito di prendersi cura del popolo santo di Dio, ci aiuterà, anche grazie a questo Sinodo, a essere sempre più in costante dialogo con gli uomini e le donne del nostro tempo e in totale fedeltà al Santo Vangelo.  
 
Tuttavia, anche se non ritengo sempre saggio rispondere alle domande rivolte direttamente a me (perché sarebbe impossibile rispondere a tutte), in questo caso credo sia opportuno farlo per la vicinanza del Sinodo.  
 
In particolare:  
 
Domanda 1  
a) La risposta dipende dal significato che voi date alla parola "reinterpretare". Se si intende "interpretare meglio" l'espressione è valida. In questo senso il Concilio Vaticano II ha affermato che è necessario che attraverso il lavoro degli esegeti – aggiungo io dei teologi - "maturi il giudizio della Chiesa" (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, 12).  
 
b) Pertanto, se è vero che la Rivelazione divina è immutabile e sempre vincolante, la Chiesa deve essere umile e riconoscere che non esaurisce mai la sua insondabile ricchezza e ha bisogno di crescere nella sua comprensione.  
 
c) matura quindi anche nella comprensione di ciò che essa stessa ha affermato nel suo Magistero.  
 
d) I cambiamenti culturali e le nuove sfide della storia non modificano la Rivelazione, ma possono stimolarci a rendere più espliciti alcuni aspetti della sua straripante ricchezza, che offre sempre di più.  
 
e) È inevitabile che questo possa portare a una migliore espressione di alcune affermazioni passate del Magistero, e in effetti è stato così nel corso della storia.  
 
f) D'altra parte, è vero che il Magistero non è superiore alla Parola di Dio, ma è anche vero che sia i testi della Scrittura sia le testimonianze della Tradizione hanno bisogno di un'interpretazione che permetta di distinguere la loro sostanza perenne dai condizionamenti culturali. Ciò è evidente, ad esempio, nei testi biblici (come Es 21,20- 21) e in alcuni interventi magisteriali che tolleravano la schiavitù (cfr. Niccolò V, Bolla Dum Diversas, 1452).  
 
Non si tratta di una questione secondaria, data la sua intima connessione con la verità perenne della inalienabile dignità della persona umana. Questi testi hanno bisogno di essere interpretati. Lo stesso vale per alcune considerazioni neotestamentarie sulla donna (1 Cor 11, 3-10; 1 Tim 2,11-14) e per altri testi della Scrittura e testimonianze della Tradizione che oggi non possono essere materialmente ripetute.  
 
g) È importante sottolineare che ciò che non può cambiare è ciò che è stato rivelato "per la salvezza di tutti" (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, 7).  
 
La Chiesa deve quindi discernere costantemente tra ciò che è essenziale per la salvezza e ciò che è secondario o meno direttamente collegato a questo obiettivo. A questo proposito, vorrei ricordare quanto affermato da San Tommaso d'Aquino:  
 
"quanto più si scende al particolare, tanto più aumenta l'indeterminatezza" (Summa Theologiae I-II, q. 94, art. 4).  
 
h) Infine, una singola formulazione di una verità non può mai essere adeguatamente compresa se si trova da sola, isolata dal contesto ricco e armonioso dell'intera Rivelazione. La "gerarchia delle verità" implica anche la collocazione di ogni verità in una giusta connessione con le verità più centrali e con la totalità dell'insegnamento della Chiesa. Questo può portare, in ultima analisi, a diversi modi di esporre la stessa dottrina, anche se "a quanti sognano una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature, ciò può sembrare un’imperfetta dispersione.  
 
Ma la realtà è che tale varietà aiuta a manifestare e a sviluppare meglio i diversi aspetti dell’inesauribile ricchezza del Vangelo” (Evangeli Gaudium, 40). Ogni linea teologica ha i suoi rischi, ma anche le sue opportunità.  
 
Domanda 2  
 
a) La Chiesa ha una concezione molto chiara del matrimonio: un'unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta alla generazione di figli. Solo una tale unione la chiama "matrimonio". Altre forme di unione lo fanno solo "in modo parziale e analogo" (Amoris laetitia 292), per questo non possono essere chiamate "matrimonio" in senso stretto.  
 
b) Non è solo una questione di nomi, ma la realtà che chiamiamo matrimonio ha una costituzione essenziale unica che richiede un nome esclusivo, non applicabile ad altre realtà. È certamente molto più di un semplice "ideale".  
 
c) Per questo motivo la Chiesa evita qualsiasi tipo di rito o di sacramentale che possa contraddire questa convinzione, facendo capire che qualcosa che non è un matrimonio sia riconosciuto come tale.  
 
d) Nei rapporti con le persone, tuttavia, non dobbiamo perdere la carità pastorale che deve permeare tutte le nostre decisioni e i nostri atteggiamenti. La difesa della verità oggettiva non è l'unica espressione di questa carità, che è fatta anche di gentilezza, pazienza, comprensione, tenerezza e incoraggiamento. Non possiamo quindi diventare giudici che si limitano a negare, respingere, escludere.  
 
e) La prudenza pastorale deve quindi discernere adeguatamente se esistono forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano una concezione errata del matrimonio. Giacché infatti, quando si chiede una benedizione, è una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per un modo migliore di vivere, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio.  
 
f) D'altra parte, anche se ci sono situazioni che da un punto di vista oggettivo non sono moralmente accettabili, la stessa carità pastorale esige che non si trattino semplicemente come "peccatori" altre persone la cui colpa o responsabilità può essere attenuata da vari fattori che influenzano l'imputabilità soggettiva (cfr. San Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Paenitentia, 17).  
 
g) Le decisioni che, in determinate circostanze, possono rientrare nella prudenza pastorale, non devono necessariamente diventare una norma. In altre parole, non è opportuno che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale autorizzi costantemente e ufficialmente procedure o regole per ogni tipo di questione, poiché tutto ciò che "fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma” giacché questo "darebbe luogo a una casistica insopportabile" (Amoris laetitia 304).  
 
Il Diritto Canonico non deve e non può coprire tutto, né le Conferenze episcopali possono pretendere di farlo con i loro vari documenti e protocolli, perché la vita della Chiesa e la vita della Chiesa percorre molti canali oltre a quelli normativi.  
 
Domanda 3  
 
a) Pur riconoscendo che la suprema e piena autorità della Chiesa è esercitata o dal Papa in virtù del suo ufficio o dal collegio episcopale insieme al suo capo, il Romano Pontefice (cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 22), tuttavia con questi dubia voi stessi manifestate il vostro bisogno di partecipare, di dare liberamente il vostro parere e di collaborare, e quindi rivendicate una qualche forma di "sinodalità" nell'esercizio del mio ministero.  
 
b) La Chiesa è un "mistero di comunione missionaria", ma questa comunione non è solo affettiva o eterea, ma implica necessariamente una partecipazione reale: che non solo la gerarchia, ma tutto il popolo di Dio, in modi e a livelli diversi, possa far sentire la propria voce e sentirsi parte del cammino della Chiesa. In questo senso possiamo effettivamente dire che la sinodalità, come stile e dinamismo, è una dimensione essenziale della vita della Chiesa. Su questo punto, San Giovanni Paolo II ha detto cose molto belle nella Novo Millennio Ineunte.  
 
c) Altra cosa è sacralizzare o imporre una particolare metodologia sinodale che piace a un gruppo, per farne la norma e il canale obbligato per tutti, perché questo porterebbe solo a "congelare" il cammino sinodale, ignorando le diverse caratteristiche delle varie Chiese particolari e la variegata ricchezza della Chiesa universale.  
 
Domanda 4  
 
a) "Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale differiscono essenzialmente" (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 10). Non è conveniente sostenere una differenza di grado che implichi considerare il sacerdozio comune dei fedeli come qualcosa di "seconda categoria" o di valore inferiore ("un grado inferiore"). Entrambe le forme di sacerdozio si illuminano e si sostengono a vicenda.  
 
b) Quando San Giovanni Paolo II ha insegnato che l'impossibilità di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne deve essere affermata "definitivamente", non stava in alcun modo denigrando le donne e dando il potere supremo agli uomini.  
 
San Giovanni Paolo II ha affermato anche altre cose. Ad esempio, che quando parliamo di potere sacerdotale "siamo nell'ambito della funzione, non della dignità o della santità" (San Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 51). Sono parole che non abbiamo recepito a sufficienza. Egli ha anche sostenuto chiaramente che, mentre il sacerdote presiede da solo l'Eucaristia, i compiti "non danno àdito alla superiorità degli uni sugli altri”; (San Giovanni Paolo I, Christifideles laici, nota 190; cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Inter Insigniores, V).  
 
Ha anche affermato che se la funzione sacerdotale è "gerarchica", non deve essere intesa come una forma di dominio, "è tuttavia totalmente ordinata alla santità delle membra di Cristo." (San Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, 27).  
 
Se non si comprende questo e non si traggono le conseguenze pratiche di queste distinzioni, sarà difficile accettare che il sacerdozio sia riservato ai soli uomini e non si potranno riconoscere i diritti delle donne o la necessità che esse partecipino, in vari modi, alla guida della Chiesa.  
 
c) D'altra parte, per essere rigorosi, riconosciamo che una dottrina chiara e autorevole sulla natura esatta di una "dichiarazione definitiva" non è ancora stata sviluppata in modo esaustivo. Non è una definizione dogmatica, eppure deve essere rispettata da tutti. Nessuno può contraddirla pubblicamente, eppure può essere oggetto di studio, come nel caso della validità delle ordinazioni nella Comunione anglicana.  
 
Domanda 5  
 
a) Il pentimento è necessario per la validità dell'assoluzione sacramentale e implica il proposito di non peccare. Ma qui non c'è matematica, e ancora una volta devo ricordarvi che il confessionale non è una dogana. Non siamo padroni, ma umili amministratori dei Sacramenti che nutrono i fedeli, perché questi doni del Signore, più che reliquie da custodire, sono aiuti dello Spirito Santo per la vita delle persone.  
 
b) Ci sono molti modi di esprimere il pentimento. Spesso, nelle persone con un'autostima gravemente ferita, dichiararsi colpevoli è una tortura crudele, ma l'atto stesso di avvicinarsi alla confessione è un'espressione simbolica del pentimento e della ricerca dell'aiuto divino.  
 
c) Vorrei anche ricordare che “a volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio" (Amoris laetitia 311), ma dobbiamo imparare a farlo. Seguendo San Giovanni Paolo II, sostengo che non dobbiamo pretendere dai fedeli risoluzioni di emendamento troppo precise e sicure, che alla fine finiscono per essere astratte o addirittura egolatriche, ma che anche la prevedibilità di una nuova caduta "non pregiudica l’autenticità del proposito" (San Giovanni Paolo II, Lettera al cardinale William W. Baum e ai partecipanti al corso annuale della Penitenzieria Apostolica, 22 marzo 1996, 5).  
 
d) Infine, deve essere chiaro che tutte le condizioni solitamente legate alla confessione non sono generalmente applicabili quando la persona si trova in una situazione di agonia o con capacità mentali e psichiche molto limitate.  
 
Cari fratelli,  
Credo che queste risposte saranno in grado di soddisfare le vostre domande.  
Non dimenticate di pregare per me. Io lo faccio per voi.  
 
Fraternamente,  
Francesco  
OK
OK

I Dubia riformulati

 
A Sua Santità  
FRANCESCO  
Sommo Pontefice  
 
Beatissimo Padre,  
 
Vi siamo molto grati per le risposte che ci avete gentilmente voluto offrire. Vorremmo innanzitutto chiarire che, se Vi abbiamo posto queste domande, non è per paura del dialogo con gli uomini del nostro tempo, né delle domande che potrebbero rivolgerci sul Vangelo di Cristo.  
 
Siamo infatti convinti, come Vostra Santità, che il Vangelo porti pienezza alla vita umana e offra risposta a ogni nostra domanda.  
 
La preoccupazione che ci muove è un’altra: ci preoccupa vedere che ci sono pastori che dubitano della capacità del Vangelo di trasformare i cuori degli uomini e finiscono per proporre loro non più la sana dottrina, bensì “insegnamenti secondo le loro voglie” (cf. 2 Tim 4, 3).  
 
Ci preoccupa, inoltre, che non si comprenda che la misericordia di Dio non consiste nel coprire i nostri peccati, ma è molto più grande, in quanto ci rende capaci di rispondere al suo amore osservando i suoi comandamenti, cioè di convertirsi e credere al Vangelo (cf. Mc 1, 15)  
 
Con la stessa sincerità con cui Voi ci avete risposto, dobbiamo aggiungere che le Vostre risposte non hanno risolto i dubbi che avevamo sollevato, ma li hanno semmai approfonditi.  
 
Ci sentiamo quindi in dovere di riproporre, riformulandole, queste domande, a Vostra Santità, che come successore di Pietro è incaricato dal Signore di confermare i Vostri fratelli nella fede.  
 
Ciò è tanto più urgente in vista dell'imminente Sinodo, che molti vogliono utilizzare per negare la dottrina cattolica proprio sulle questioni su cui vertono i nostri dubia.  
 
Vi riproponiamo quindi le nostre domande, in modo che ad esse si possa rispondere con un semplice "sì" o "no".  
 
1. Vostra Santità insiste sul fatto che la Chiesa può approfondire la sua comprensione del deposito della fede. Questo è effettivamente ciò che insegna Dei Verbum 8 e appartiene alla dottrina cattolica.  
 
La Vostra risposta, però, non coglie la nostra preoccupazione. Molti cristiani, compresi pastori e teologi, sostengono oggi che i cambiamenti culturali e antropologici del nostro tempo dovrebbero spingere la Chiesa a insegnare il contrario di ciò che ha sempre insegnato.  
 
Questo riguarda questioni essenziali, non secondarie, per la nostra salvezza, come la confessione di fede, le condizioni soggettive per accedere ai Sacramenti e l'osservanza della legge morale.  
 
Vogliamo quindi riformulare il nostro dubium: è possibile che la Chiesa insegni oggi dottrine contrarie a quelle che in precedenza ha insegnato in materia di fede e di morale, sia da parte del Papa ex cathedra, sia nelle definizioni di un Concilio ecumenico, sia nel magistero ordinario universale dei vescovi sparsi nel mondo (cfr. Lumen Gentium 25)?  
 
2. Vostra Santità ha insistito sul fatto che non ci può essere confusione tra il matrimonio e altri tipi di unioni di natura sessuale e che, pertanto, qualsiasi rito o benedizione sacramentale di coppie omosessuali, che darebbero luogo a tale confusione, dovrebbero essere evitati.  
 
La nostra preoccupazione, tuttavia, è un’altra: siamo preoccupati che la benedizione di coppie omosessuali possa creare in ogni caso confusione, non solo in quanto possa farle sembrare analoghe al matrimonio, ma anche in quanto gli atti omosessuali verrebbero presentati praticamente come un bene, o almeno come il bene possibile che Dio chiede alle persone nel loro cammino verso di Lui.  
 
Riformuliamo quindi il nostro dubbio: è possibile che in alcune circostanze un pastore possa benedire unioni tra persone omosessuali, lasciando così intendere che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio?  
 
Legato a questo dubium è necessario sollevarne un altro: continua ad essere valido l’insegnamento sostenuto dal magistero ordinario universale, secondo cui ogni atto sessuale fuori del matrimonio, e in particolare gli atti omosessuali, costituisce un peccato oggettivamente grave contro la legge di Dio, indipendentemente dalle circostanze in cui si realizzi e dall’intenzione con cui si compia?  
 
3. Voi avete insistito sul fatto che esiste una dimensione sinodale della Chiesa, in quanto tutti, compresi i fedeli laici, sono chiamati a partecipare e a far sentire la propria voce.  
 
La nostra difficoltà, tuttavia, è un’altra: oggi si sta presentando il futuro Sinodo sulla “sinodalità” come se, in comunione con il Papa, esso rappresentasse la Suprema Autorità della Chiesa.  
 
Tuttavia, il Sinodo dei Vescovi è un organo consultivo del Papa, non rappresenta il collegio episcopale e non può dirimere le questioni in esso trattate né emanare decreti su di esse, a meno che, in casi determinati, il Romano Pontefice, cui spetta ratificare le decisioni del Sinodo, non gli abbia espressamente concesso potestà deliberativa (cf. can.343 C.I.C.).  
 
Si tratta di un punto decisivo in quanto non coinvolgere il collegio episcopale in questioni come quelle che il prossimo Sinodo intende sollevare, le quali toccano la costituzione stessa della Chiesa, andrebbe proprio contro la radice di quella sinodalità, che si afferma di voler promuovere.  
 
Ci sia permesso quindi di riformulare il nostro dubium: il Sinodo dei Vescovi che si terrà a Roma e che include solo una rappresentanza scelta di pastori e di fedeli, eserciterà, nelle questioni dottrinali o pastorali su cui sarà chiamato ad esprimersi, la Suprema Autorità della Chiesa, che spetta esclusivamente al Romano Pontefice e, una cum capite suo, al Collegio dei Vescovi (cf. can.336 C.I.C.)?  
 
4. Nella Vostra risposta Vostra Santità ha chiarito che la decisione di San Giovanni Paolo II in Ordinatio sacerdotalis è da tenersi in modo definitivo, e ha giustamente aggiunto che è necessario comprendere il sacerdozio, non in termini di potere, ma in termini di servizio, per capire rettamente la decisione di nostro Signore di riservare gli ordini sacri soltanto agli uomini.  
 
D'altra parte, nell'ultimo punto della Vostra risposta ha aggiunto che la questione può ancora essere approfondita. Siamo preoccupati che qualcuno possa interpretare quest’affermazione nel senso che la questione non è ancora stata decisa in modo definitivo.  
 
Infatti, San Giovanni Paolo II afferma in Ordinatio sacerdotalis che questa dottrina è stata insegnata infallibilmente dal magistero ordinario e universale, e quindi che appartiene al deposito della fede.  
 
Questa è stata la risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium sollevato riguardo alla lettera apostolica, e questa risposta fu approvata dallo stesso Giovanni Paolo II.  
 
Dobbiamo quindi riformulare il nostro dubium: la Chiesa potrebbe in futuro avere la facoltà di conferire l'ordinazione sacerdotale alle donne, contraddicendo così che la riserva esclusiva di questo sacramento ai battezzati di sesso maschile appartenga alla sostanza stessa del Sacramento dell'Ordine, che la Chiesa non può cambiare?  
 
5. Infine, Vostra Santità ha confermato l'insegnamento del Concilio di Trento secondo cui la validità dell'assoluzione sacramentale richiede il pentimento del peccatore, che include il proposito di non peccare di nuovo. E ci ha invitato a non dubitare dell'infinita misericordia di Dio.  
 
Vorremo ribadire che la nostra domanda non scaturisce dal dubbio sulla grandezza della misericordia di Dio, ma al contrario, nasce dalla nostra consapevolezza che questa misericordia è così grande da renderci capaci di convertirci a Lui, di confessare la nostra colpa e di vivere come Lui ci ha insegnato.  
 
A sua volta, qualcuno potrebbe interpretare la Vostra risposta come se il solo fatto di avvicinarsi alla confessione sia una condizione sufficiente per ricevere l'assoluzione, in quanto potrebbe includere implicitamente la confessione dei peccati e il pentimento.  
 
Vorremo quindi riformulare il nostro dubium: può ricevere validamente l'assoluzione sacramentale un penitente che, pur ammettendo un peccato, si rifiutasse di fare, in qualunque modo, il proposito di non commetterlo di nuovo?  
 
Città del Vaticano, 22 luglio 2023  
 
Walter Card. Brandmüller  
Raymond Leo Card. Burke  
Juan Card. Sandoval Íñiguez  
Robert Card. Sarah  
Joseph Card. Zen Ze-Kiun, S.D.B.
 
OK

La lettera ai fedeli

 
Notifica ai fedeli laici (can. 212 § 3) sui Dubia sottomessi a Papa Francesco  
 
Fratelli e sorelle in Cristo,  
Noi, membri del Sacro Collegio Cardinalizio, avendo presente il dovere di tutti i fedeli “di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa” (can. 212 § 3) e, soprattutto, avendo presente la responsabilità dei Cardinali che “assistono il Romano Pontefice … come singoli … nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale” (can. 349), considerate varie dichiarazioni di alcuni alti Prelati inerenti alla celebrazione del prossimo Sinodo dei Vescovi, palesemente contrarie alla costante dottrina e disciplina della Chiesa, e che hanno generato e continuano a generare tra i fedeli e in altre persone di buona volontà grande confusione e la caduta in errore, abbiamo manifestato la nostra profondissima preoccupazione al Romano Pontefice.  
 
Ricorrendo alla provata prassi della sottomissione di dubia [domande] ad un superiore per fornirgli l’occasione di chiarire, attraverso i suoi responsa [risposte], la dottrina e la disciplina della Chiesa, con la nostra lettera del 10 luglio 2023 abbiamo sottomesso a Papa Francesco cinque dubia, di cui è allegata una copia. Papa Francesco ci ha risposto con lettera dell’11 luglio 2023.  
 
Avendo studiato detta lettera, che non ha seguito la prassi dei responsa ad dubia [risposte a domande], abbiamo riformulato i dubia per suscitare una risposta chiara, basata sulla perenne dottrina e disciplina della Chiesa.  
 
Con la nostra lettera del 21 agosto 2023, noi abbiamo sottomesso al Romano Pontefice i riformulati dubia, di cui è allegata una copia. Finora non abbiamo ricevuto risposta.  
 
Data la gravità della materia dei dubia, specialmente in vista della predetta imminente sessione del Sinodo dei Vescovi, abbiamo giudicato che è nostro dovere informare Voi fedeli (can. 212 § 3), affinché non siate soggetti a confusione, errore e scoraggiamento, invitandovi a pregare per la Chiesa universale e, in particolare, per il Romano Pontefice, perché il Vangelo sia insegnato sempre più chiaramente e seguito sempre più fedelmente.  
 
Vostri in Cristo,  
 
Walter Card. Brandmüller  
Raymond Leo Card. Burke  
Juan Card. Sandoval Íñiguez  
Robert Card. Sarah  
Joseph Card. Zen Ze-kiun
 
 
Roma, 2 ottobre 2023  
 
2023-10-02
Fonte : La Nuova Bussola Quotidiana
Copyright © 2018 Lampadaaimieipassi.it
mf4web_logow